Giuseppe Guzzone nasce a Militello Val di Catania nel 1952. Consegue gli studi all’Istituto Statale d’Arte di Caltagirone diplomandosi poi all’Accademia di Belle Arti di Catania, corso di scultura. Inizia nel ‘71, le prime ricerche nel campo dell’incisione. Nel ‘75 partecipa alla «X Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma» e all’esposizione «I° Convegno Regionale di Ecologia» città di Noto e ha luogo la sua prima mostra personale alla stazione di cura-soggiorno e turismo ad Acireale. Nel ‘76 comincia il suo insegnamento all’Istituto Statale d’Arte di Catania; durerà sei anni. Espone nel frattempo a «Sicilia in Arte», Municipio di Conegliano Veneto; vince a Messina il I° premio nazionale «Antonello da Messina»; tiene una personale alla galleria «La Racla» di Catania. Dall' 82 entra come insegnante al Liceo Artistico di Catania e inagura tre mostre personali una delle quali presso la Galleria “L'angolo” di Catania. Seguiranno numerose mostre personali in spazi istituzionali e privati e la partecipazione ad importanti rassegne collettive. Vive e lavora a Catania.
"Probabilmente esiste una relazione tra l'immaginario di Giuseppe Guzzone e il mondo di Luigi Capuana entrambi hanno vissuto la loro infanzia negli stessi luoghi, hanno sognato sotto gli stessi cieli, ed è stata loro Madre l'antica terra contadina Siciliana. Non vi è grande differenza tra la Mineo di Capuana e la Militello Val di Catania di Guzzone; sono gli stessi i campi di frumento spazzati dal vento, le colline aspre e l'immenso cielo pieno di segni e presagi. Hanno sentito raccontare le stesse storie, di spiriti tesori nascosti e arcobaleni miracolosi. Entrambi hanno partecipato l'aurea segreta di questa terra, che per l'uno il Capuana è la fonte dell'arcaismo delle sue favole, e per l'altro, il Guzzone, è la fonte che anima il mito ascensionale del suo lavoro d'incisore. La terra e il cielo sono da tempi immemorabili il palcoscenico del mito."
Estratto dalla critica "Le Porte del cielo" di"In una lastra, tra le più felici, di Guzzone viene rappresentato rovesciato il rapporto tra la terra e il cielo. Il cielo in forma di notte stellata, si trova collocata al di sotto di un paesaggio arido e assolato, fra di loro una grande farfalla dalle ali spiegate, fa da medium tra le due realtà. E come un velario, sembra voler trascinare la notte sul giorno, poi il giorno sulla notte, oppure anche a far divenire il cielo terra e la terra cielo. La farfalla è il simbolo dell'eterna metamorfosi, da larva a bruco animale della terra si trasforma in farfalla animale del cielo. Essa indica, da una parte, il paesaggio, l'entelechia realizzata, dalla condizione umana e ctonia, a quella incessabile della trascendenza celeste e uranica. Ma indica anche la mutevolezza e la doppia natura della realtà, che nella sua ambivalenza può rovesciarsi sempre nel suo opposto."
Estratto dalla critica "La Farfalla" di"Il suo segno delicato, il suo colore avvolgente e la sua passione per le profonodità spaziali, hanno determinato un carattere epressivo inconfondibile che ha nel racconto del mito il suo tessuto connettivo. Guzzone mette nel crogiolo della sua abilità tecnica la magia del tempo trascorso, il colore solare tipico del Mediterraneo, il segno indagatore della sua ricerca formale. Ne ottiene una sintesi che invita alla riflessione, alla contemplazione della bellezza, valore di cui l'umanità nuova per rinascere ha estremo bisogno. All'interno del suo viaggio di armonia e bellezza, le visioni magiche convivono con le presenze della quotidinanità, in un afflato d'amore e di rispetto, consapevole del fatto che non c'è presente senza passato, non c'è futuro senza legame saldo alle radici della conoscenza. I suoi luoghi fatati sono pertanto proiezioni di una società futuribile dove la bellezza cancella le ferite di un'età, la nostra, attraversata dall'inquietudine esistenziale e dalla crisi di identità."
Estratto dalla critica "Dal mito al viaggio contemporaneo" di"Una mostra di tele dipinte su varianti pressochè monocrome dell'ocra, della terra di siena bruciata e del cobalto, quasi che, stanco dell'ortodossia dei colori, ne voglia spezzare la naturale logica policromia. Evento che ci riporta a un forte bisogno di cambiamento e di innovazione, quasi una "mutazione" come in storia dell'arte descritto, accade a grandi artisti, uno per tutti Pablo Picasso, quando sperimentò e realizzò i suoi ben noti periodi blu e rosa. Cobalto e ocra che sono i colori della sua Isola, delle sabbie, delle terre riarse e dei campi, come dell'acqua profonda e soprattutto dei cieli. Gli animati cieli guzzoniani, dove galoppano nuvole, anch'esse antropomorfe, dove si muovono e giocano puttini ma anche animali fantastici, trasformantisi in cirri leggeri e diofani."
Estratto dalla critica "L'ocra di Guzzone" di"Tra cielo e terra aleggiano misteri, diceva Shakespeare -dottatamente arogomentando. Già che secondo l'antica categoria del microcosmo, riletta al lume di una tradizione neoplatonica, la terra emula il cielo, il visibile ripete l'invisibile, uesto essendone la prefigurazione ideale e spirituale. Ed è per tal via che il ciclo pittorico di Guzzone assurge a inventario di un universo "altro", nomenclatorio catalogo di ossessioni visive si fa tabula dell'immaginario simbolico, collocando l'artista nel novero dei grandi visionari che han narrato le vicende del cielo e della terra. Attraverso la descrizione del mondo degli antichi, rivisitando il classicismo alla luce aurea dei miti, egli rinfocola l'illanguidito immaginario dei moderni, così facendo della sua ricerca una esplorazione nella cultura stratificata dell'archeologia, della memoria e della mitologia evocativa. Tra cultura e natura, tra spazio reale e spazio figurato di abbagliante bellezza, l'estetica del paesaggio "immaginato" si fonde in una lieve trama pittorica, si solve in un dipingere dolcissimo."
Estratto dalla critica "Giuseppe Guzzone Visionario" di"Le isole antropomoforme di Guzzone incarnano enormi e misteriosi personaggi ripresi dormienti, o in stato di dormiveglia, in quel limitare dell'esistenza che ci coglie tra il sonno del primissimo mattino e il risveglio, allorchè ci si trova istintivamente a ragionare sull'esitenza, a fare bilanci, a ripercorrere con la mente ciò che si è fatto o detto in passato e ciò che la vita ci riserverà ancora in futuro, ma in maniera ancora trasognata, quasi sonnambolica, rimanendo in un limbo vago in cui la mente, col suo straordinario potere metamorfico, riesce a mantenere il suo potere sul mondo reale, senza limiti nè timori reverenziali."
Estratto dalla critica "Le isole antropomorfe di Giuseppe Guzzone" di